martedì 26 ottobre 2010

Accarezzare balene in Baja California

BAJA CALIFORNIA 2010
Appunti di viaggio
di Monica Pigni


A Tonino, perché...
ma tu guarda dove mi ha portato!
Ad Antonella, perché…
senza di lei non avremmo fatto questo viaggio.


Personaggi e interpreti


L’equipaggio, in ordine di età...

TONINO: con l’età ha acquisito una sorta di saggezza (tranne quando si parla di politica…), grazie alla quale ha saputo conquistare all’interno del gruppo un ruolo di moderatore, riuscendo a mitigare le tensioni che covavano sotterranee. In questa vacanza ha vissuto parecchi momenti entusiasmanti, anzi di vera e propria estasi: toccando la balena, giocando coi leoni marini e, da buon animalista, abbuffandosi di aragoste, gamberi e ogni sorta di frutti di mare… 

 MONICA: badante quasi perfetta, come sempre frugale nel mangiare, essenziale nel bagaglio, elegante nel vestire. In questo viaggio ha lanciato la moda del sacchetto di plastica impermeabile (naturalmente in tinta!), come corredo indispensabile nell’avvistamento delle balene. Per tutta la vacanza ha rimpianto la cassetta perduta, ausilio prezioso ma, ahimè, effimero per salire sull’altissimo fuoristrada! 

BRUNO: amabile compagno di viaggio, un po’ tra le nuvole anche quando non è in aereo, non ha ancora capito adesso come mai si è trovato in Baja California, quando lui voleva andare in Patagonia. Ha un inconfondibile accento romagnolo ma parla soprattutto con le mani, accompagnando i discorsi con una rutilante gesticolazione. Buona forchetta, ha trovato in Tonino un alleato prezioso per abbuffate e bevute di qualità. 

LUCILLA: è stata il bersaglio preferito delle battute di Tonino, peraltro da lei provocato, sovente e di proposito, con considerazioni politiche assolutamente “eccentriche”… Grande lavoratrice incompresa, soggetta per di più a repentini cali di zucchero, è costretta a riequilibrare l’organismo con frequenti as-sunzioni di dolciumi. Animo d’artista, vive in una dimensione molto eterea, ma ciò non le impedisce, qui sulla terra, di perseguire con paziente tenacia anche obiettivi più pratici e concreti. 

GIAMPIERO: sguardo severo, fisico asciutto, portamento fiero, è un carabiniere dalla punta dei capelli alle unghie dei piedi. Spirito pratico e tuttofare, sa risolvere ogni inconveniente e ha sempre la situazione sotto controllo (tranne quando si addormenta durante i percorsi in macchina...). È un prototipo di carabiniere evoluto e tecnologicamente accessoriato, infatti riesce a collegarsi al Resto del Carlino anche in pieno deserto. Grande mangiatore, è in grado di ingurgitare senza contraccolpi una quantità smisurata di cibo. 

ANTONELLA: donna d’acciaio e di velluto, sotto l’aspetto di sorridente ragazzina rivela una grinta portentosa, alimentata da un’incontenibile passione per i viaggi. È una specie di archivio vivente, infatti è in grado di fornire notizie su qualsiasi angolo del pianeta in cui sia possibile qualche esplorazione, meglio se con avvicinamento di animali. Di un solo argomento parla con passione ancora maggiore: suo figlio Manuel. Durante i pasti si è specializzata nella preparazione di “cannoni” a base di tortillas, ripieni di qualsiasi cibo si trovi in tavola, purché senza coriandolo!

La guida

RENATO: personaggio interessante, dalla vita intensa, divisa fra due continenti. Autista instancabile e guida eccellente, conosce la Baja California come le sue tasche ed è uno squisito narratore e illu-stratore delle sue meraviglie. Tempra d’avventuriero, ama donne e motori e ha una soluzione per ogni problema (ad esempio, lui sì che saprebbe cosa fare con gli americani…).

Inoltre…


Avventure tra cactus e balene


5 febbraio 2010, venerdì: Milano-La Paz
Rieccomi in viaggio a compiere, a distanza di poche settimane, un’altra trasvolata oceanica! Piuttosto stancante, direi, anche se l’aereo dell’Air France era un po’ più comodo di quello dell’Iberia con cui ho volato in Guatemala un mese fa. Questo il tragitto: due ore fino a Parigi, undici interminabili fino a Città del Messico (lascio indovinare chi ha avuto la posizione centrale…) e altre due per arrivare a La Paz (la città messicana capoluogo della Baja California, non la capitale della Bolivia!); il tutto infram-mezzato da soste più o meno lunghe nei vari aeroporti. In totale la giornata è durata dalle 6.30 del risveglio a Busto fino alla 1.00 di notte qui a La Paz, che però per l’Italia sarebbero le 9.00 del mattino. Perciò andiamo finalmente a dormire quando a casa sono già tutti svegli da qualche ora. Per quanto riguarda il meteo, siamo partiti sotto la neve che, ci hanno detto, ha continuato a cadere fino a sera, mentre qui abbiamo trovato un piacevole frescolino, che pare però destinato a diventare un bel caldo nelle ore centrali della giornata.
Oltre a cercare di far passare le ore dormicchiando o guardando qualcosa nel televisorino personale dell’aereo, Tonino e io abbiamo occupato il lungo tempo del volo tentando di individuare tra i passeggeri dell’aereo i nostri futuri compagni di viaggio, che non conoscevamo dato che il gruppo si doveva formare soltanto una volta giunti a destinazione. Sapendo che si trattava di quattro persone, abbiamo adocchiato due coppie piuttosto attempate che avevano tutta l’aria dei pensionati in vacanza. Chi mai altrimenti potrebbe viaggiare in questo periodo dell’anno? Vedendo che leggevano La Repubblica quasi ci abbiamo sperato e quando a Parigi abbiamo scoperto che prendevano un’altra strada ci è perfino dispiaciuto un po’! Quelli che abbiamo puntato nel secondo tratto, sempre anzianotti, leggevano invece Panorama, il che non diceva niente di buono sulle loro scelte politiche… Anche questi alla tappa seguente ci hanno lasciato, così arrivati a La Paz ci siamo guardati attorno e abbiamo scoperto di essere rimasti noi due soli! La soluzione del mistero ce l’ha data Renato, la nostra guida, che abbiamo conosciuto appena sbarcati dall’aereo. Ci ha spiegato che i nostri compagni di viaggio erano partiti dall’Italia un giorno prima di noi. Non li abbiamo ancora conosciuti adesso (sto scrivendo questa pagina prima di addormentarmi) visto che sono andati a dormire presto per smaltire l’effetto del fuso orario. 


Come saranno? Renato ci ha detto che oggi sono andati a fare immersioni, perciò non possono essere molto anziani. Purché non siano dei Rambo spacconi, magari anche accaniti berlusconiani! Beh, domani comincere-mo a farcene un’idea. E loro di noi…
Alcune considerazioni sulla vita d’aeroporto, con i personaggi curiosi che vi si incontrano: ad esempio la signora che reggeva il cartello di benvenuto a una certa Susana, colorato a mano e decorato con disegni floreali. Dalla sua espressione smarrita era evidente che Susana non era arrivata all’ora prevista. Che cosa l’aveva trattenuta? E perché la signora, che con tutta evidenza non la conosceva, si mostrava così costernata per il suo mancato arrivo? Ci si potrebbe costruire un film… 

Di quelli che ci siamo sparati a raffica sull’aereo, ciascuno sul suo piccolo monitor, ciascuno chiuso nella sua monade azzurrina, proiettati a velocità altissima verso una destinazione sconosciuta. Mmmmh… su questa metafora esistenziale è meglio chiudere il quaderno e gli occhi, per affrontare con una buona dormita  questa prima notte in Baja California! 

 
6 febbraio, sabato: La Paz (escursione all’isola Espiritu Santo)
Giornata veramente intensa, iniziata con la conoscenza dei nostri compagni di viaggio: sono due coppie e, colpo di scena, sono più giovani di noi, anche se non proprio “bamboccioni”. Fortunatamente non sembrano nemmeno dei Rambo malati di esibizionismo! La prima coppia è costituita da Antonella (parlantina sciolta: nel tempo della prima colazione ci aveva già raccontato mezza dozzina di esperienze di viaggio) e Giampiero, di professione carabiniere; la seconda da Lucilla e Bruno, tutti e due con un colorito accento romagnolo. La cosa più evidente, in questo primo giorno di conoscenza, è che queste due coppie, pur avendo preso insieme la decisione di aggregarsi a noi e pur essendo partite insieme da Bologna, hanno in realtà due modi diversi di intendere la vacanza. E probabilmente anche la vita, a giudicare dalla discussione avvenuta a cena a proposito di religione e di chiesa cattolica… Nei prossimi giorni sarà interessante vedere come si svilupperanno i rapporti, compreso il ruolo che svolgeremo Tonino e io, che a questo punto siamo i più vecchi del gruppo! È tutto da verificare se siamo anche i più saggi…
Il programma di questo primo giorno prevedeva una gita in barca all’isola Espiritu Santo, con bagno nei pressi di una colonia di leoni marini particolarmente socievoli; infatti alcuni esemplari si sono uniti a noi per giocare nell’acqua, facendosi accarezzare, dandoci morsetti delicati per invitarci a immergerci insieme a loro, facendo capriole e rotolandosi tra le onde. Peccato che l’acqua fosse molto fredda, tanto da costringermi, nonostante la muta, a risalire sulla barca battendo i denti.
Intorno molti uccelli, specialmente pellicani, gabbiani e cormorani, ma anche alcune sule e qualche fregata dalle grandi ali e dalla coda biforcuta. Spaparanzati sulle rocce, i leoni marini sonnecchiavano: i grossi maschi levavano ogni tanto il testone per dare una controllata intorno, lanciando un versaccio rauco a ribadire chi comanda, mentre le femmine e i piccoli se ne stavano pigramente distesi a crogiolarsi al sole.
Oltre ai leoni marini, anche le mante si sono prodotte per noi in un paio di spettacoli davvero singolari: nelle vicinanze di una spiaggia, le abbiamo viste letteralmente volare fuori dall’acqua, facendo balzi altissimi e ricadendo con tonfi rumorosi come spanciate. 


La spiegazione di questo fenomeno insolito è che così facendo esse si liberano di alcuni fastidiosi parassiti. Verso sera, invece, abbiamo visto un punto della superficie marina in cui l’acqua sembrava ribollire: erano le mante che si spostavano in massa, a branchi di migliaia di individui, come ci ha detto Giampiero che si è tuffato a guardarle con la maschera. Sulla via del ritorno hanno fatto la loro comparsa anche i delfini, che per un certo tratto hanno seguito la nostra rotta.
Il tutto in un paesaggio maestoso, con spiagge candide e un’acqua limpida di tutte le sfumature dell’azzurro e del turchese, con rocce rossastre a volte spruzzate di bianco (sembra zucchero a velo, in realtà è guano) e un cielo vastissimo e blu, solcato da nuvolette così luminose da sembrare fosforescenti. In conclusione, è stata una giornata di grandi emozioni, la cui luce tersa si accompagnerà a lungo nel nostro ricordo agli spruzzi del bagno con i leoni marini. 


7 febbraio 2010, domenica: La Paz-Loreto
Lunga giornata di trasferimento passata quasi sempre in auto (un fuoristrada altissimo!) percorrendo la strada principale della Baja California, che la attraversa tutta da sud a nord. Dopo una prima parte pianeggiante, arida e deserta, punteggiata da arbusti e da cactus appartenenti alla specie Cardon, siamo saliti sull’altopiano bordato dalla Sierra de la Giganta. È un pianoro arido e deserto, punteggiato da arbusti e da cactus... l’unica differenza sta nel colore del terreno e delle rocce sullo sfondo, che da grigio polveroso passa a una tinta lievemente rosacea. Mentre percorrevamo il punto più stretto della penisola abbiamo scorto in lontananza la striscia scura dell’oceano Pacifico. Il paesaggio è poi cambiato completamente quando, attraversata la Sierra, ci siamo riaffacciati sul Mar di Cortez che col suo azzurro sgargiante ha illuminato interamente l’orizzonte!
Sosta per il pranzo lungo la strada in un ristorantino sulla spiaggia, dove ci hanno servito del pesce che ha mandato Tonino in visibilio. Poi abbiamo imboccato una strada, inizialmente asfaltata, nel secondo tratto sterrata, che risalendo un ripido canyon ci ha condotto fino a 700 m di altezza, alla missione di San Javier risalente al 1699. È stata la seconda missione fondata dai gesuiti in Baja California, nella loro opera di conversione degli indios. La quale però non pare riscuotesse un grande successo, almeno fino a quando i missionari non si decisero ad attirare gli indigeni con grandi pentoloni fumanti di cibo. Anche in seguito comunque la “fede” degli indios non deve essere stata molto fervente, visto che i gesuiti furono costretti a lasciare la penisola dopo aver cercato di imporre loro la monogamia…
San Javier è un piccolo insediamento molto ben tenuto, abitato in apparenza soprattutto da cani. Renato, la nostra guida, ci ha mostrato i sistemi di irrigazione introdotti dai gesuiti al loro arrivo e utilizzati ancora adesso per incanalare e sfruttare al meglio la poca acqua che sgorga da una vicina sorgente. Abbiamo anche visitato un allevamento di galli da combattimento, animali dal piumaggio bellissimo tenuti chiusi in piccole gabbie (per motivi logistici o perché diventino più aggressivi?) e sottoposti a un vero e proprio allenamento per renderli più forti. Una visita che non ho apprezzato per niente, a differenza dai maschi del gruppo che mi sono invece parsi quasi affascinati da questo spettacolo così “ancestrale”… 


Verso le 19.00, calato il buio, siamo arrivati a Loreto e abbiamo preso alloggio in hotel, dal quale non abbiamo trovato la forza per uscire a cena, accontentandoci di uno spuntino veloce al ristorante dell’albergo. Probabilmente sentiamo l’effetto del fuso orario e poi il viaggio in macchina è stato lungo e faticoso; ma forse c’entra qualcosa anche l’aver pranzato tardi e abbondantemente. Mi lascia perplessa, in proposito, la formula usata da questa agenzia che fornisce il pranzo lasciando libera la cena. Non sarebbe meglio invece, al contrario, un pranzo leggero e una cena sostanziosa?
Oggi l’atmosfera nel gruppo era abbastanza rilassata: stiamo tutti attenti a non invadere troppo gli spazi altrui, mentre lentamente emergono le diverse visioni del mondo dei vari componenti. Meno male che Tonino con qualche battuta al momento giusto è riuscito finora a evitare le scintille, ma nel complesso ho l’impressione che si tratti di un gruppo abbastanza disomogeneo e dalla convivenza piuttosto precaria…  



8 febbraio 2010, lunedì: Loreto-Santa Rosalia
Anche oggi abbiamo passato la giornata prevalentemente in macchina, ma è stato meno stancante di ieri, anche perché all’interno del gruppo si è instaurato un clima ridanciano che ha reso tutti più disponibili e tolleranti. Grazie Tonino!
Stamattina ci siamo svegliati all’alba. Perfino io! Sarà perché seguo ancora il fuso italiano, otto ore avanti… Tonino, Antonella e Giampiero hanno fatto una passeggiata sulla spiaggia, io invece dal balcone della mia stanza affacciata sulla baia ho scattato alcune foto al sole che sorgeva tingendo il cielo di malva e oro. Dopo colazione abbiamo visitato la cittadina di Loreto con la sua missione, la prima fondata dai gesuiti (nel 1697), e il museo annesso. Poi siamo ripartiti alla volta di Mulegé, attraversando prima una regione deserta, punteggiata di arbusti e cactus (!), quindi costeggiando la Bahia Conceptiòn e ammirando le sue insenature dai magnifici colori. Qui, sulle spiagge bianchissime, erano parcheggiati numerosi megacamper di americani e canadesi che d’inverno lasciano le loro gelide regioni del nord per venire a godersi il sole in questo paradiso ai confini del mondo.
Mulegé è una grande oasi situata sulle rive di un corto fiume, le cui acque verdi scorrono pigre in mezzo a un mare di palme. Dopo il solito pranzo abbondante a base di pesce (con aggiunta per me di un flan al caramello, pensiero gentile che ho molto apprezzato…), abbiamo visitato la chiesa della missione, dedicata a Santa Rosalia de Mulegé e situata in una posizione rialzata con vista panoramica su tutta l’oasi.
La tappa seguente è stata una foresta di cactus, che abbiamo raggiunto a fatica percorrendo una strada i cui ponti erano stati in gran parte divelti dall’impeto dell’acqua durante un recente rovinoso uragano. Così in più punti siamo stati costretti ad attraversare il letto asciutto dei torrenti temporanei formatisi in quell’occasione, acquistando una violenza veramente temibile a giudicare dai danni che abbiamo osservato. Una volta raggiunta la foresta di cactus, la passeggiata nella luce del tramonto tra questi giganti verdi è stata un momento davvero speciale! 


In serata siamo arrivati a Santa Rosalia, una località fino a pochi anni fa sede di una ricca industria mineraria oggi dismessa. La cittadina ha la particolarità di essere costruita tutta in legno, un materiale necessariamente importato, vista la mancanza di alberi in questi dintorni! Anche l’albergo è tutto in legno, ben tirato a lucido e odoroso di cera, con pavimenti scricchiolanti e camere arredate con gusto liberty. Dopo una cena frugale in un localino del centro cittadino, tutti a letto a sognare balene: do-mani infatti è previsto il nostro primo incontro con i grandi cetacei che sono il principale scopo di questo viaggio!


9 febbraio 2010, martedì: Santa Rosalia-laguna di San Ignacio
Siamo giunti all’apice del viaggio, al momento della realizzazione del suo primo obiettivo, l’incontro con le balene! Ma andiamo con ordine.
La giornata è iniziata con una visita alla cittadina di Santa Rosalia, sede in passato di un’importante miniera di rame. Dopo che lo stato messicano ebbe dato in concessione la miniera a un gruppo industriale francese, che fondò la compagnia El Boleo, questa costruì una città vera e propria per ospitare i lavoratori e il personale dei vari uffici amministrativi. Pensò bene di conferirle un’impronta francese, ben visibile nell’architettura degli edifici e anche nella scelta bizzarra di utilizzare il legno come principale materiale da costruzione. Si distingue la chiesa, che essendo stata progettata da Gustave Eiffel, quello della torre di Parigi, è ovviamente tutta in metallo!
Abbiamo anche visitato quello che resta delle installazioni industriali legate al processo di estrazione del rame e alla sua lavorazione: rovine imponenti che raccontano un’epoca lontana. Mette un po’ di tristezza questa distesa di macchinari enormi, di travi, binari, carrelli, impalcature… tutto quanto arrugginito e corroso, lasciato in stato di abbandono. Un vero monumento alla presunzione dell’uomo, un vero monito alla precarietà delle sue opere! Comunque, chi fosse tentato dalla nostalgia per una specie di età dell’oro dell’industria deve fare i conti col dato impressionante, citato nella guida di viaggio, secondo cui a El Boleo solo tra il 1901 e il 1903, nel periodo del suo massimo splendore, per-sero la vita più di 1400 uomini!
Sempre in mattinata, da Santa Rosalia ci siamo diretti verso San Ignacio, una delle oasi più grandi della Baja California. Qui abbiamo visitato la chiesa della missione, in stile barocco con una facciata riccamente ornata. Nei pressi della chiesa c’è un piccolo museo di pitture rupestri, dove è riprodotto l’interno di una caverna che si trova nei dintorni, purtroppo difficilmente raggiungibile. Pazienza, ci siamo accontentati della copia, osservando i grandi disegni di buona fattura, che mi hanno ricordato quelli della grotta di Lascaux; qui però mi è parso che vi fosse una presenza maggiore di figure umane. 


Da San Ignacio abbiamo imboccato lo sterrato che ci ha condotto alla laguna omonima. Qui passeremo due notti in un campo di cui siamo gli unici ospiti, insieme ad alcuni biologi. Noi alloggiamo in cinque tende a igloo; poco distanti ci sono i bagni, molto spartani, poi una baracca che vende qualche povero souvenir, una capanna che funge da ristorante e… più nulla per miglia e miglia! Un vero e proprio land’s end, dove sembra di essere davvero “in capo al mondo”, lontanissimi dal fragore della modernità. Compresa la corrente elettrica, che qui è ottenuta con pannelli solari e piccoli generatori eolici e serve giusto a illuminare il ristorante e a ricaricare le batterie di macchine fotografiche e cellulari (che però non prendono, perciò è inutile…). Insomma, il posto adatto per vivere esperienze straordinarie e incontri emozionanti!
Infatti in questa laguna le balene grigie vengono ogni anno a riprodursi e da questo campo nel pomeriggio abbiamo compiuta la nostra prima uscita per il loro avvistamento.
Ci sono davvero! E sono tante! In alcuni momenti ne avevamo attorno alla barca anche quattro o cinque, vicinissime, che con sbuffi rumorosi annunciavano l’emersione dei loro gropponi scuri punteggiati da cirripedi (crostacei che si attaccano alla loro pelle) e da macchie bianche (le cicatrici lasciate dai cirripedi quando si staccano). Le scene più spettacolari erano quelle in cui una balena si rizzava in verticale col muso fuori dall’acqua per guardarsi intorno, reimmergendosi poi con grande lentezza. L’attesa tra noi era per l’incontro ravvicinato, fino a poterla toccare e accarezzare, ma evidentemente oggi le balene non erano in vena di socializzare, oppure la nostra barca non ispirava loro simpatia, perciò siamo rimasti a bocca asciutta. Ci riproveremo domani.
Intanto eccoci al campo: sto scrivendo al tavolo del ristorante, che tra poco, alle 21.00, spegnerà le luci, facendoci piombare tutti nel buio di questa nera notte senza luna. Poi non avremo altra possibilità che rintanarci nei nostri igloo e addormentarci, cullati (si fa per dire) dal rumore del vento che dal mare sta soffiando freddo e impetuoso. Un bel tuffo all’indietro nel tempo, in quest’angolo sperduto di mondo! Wow! 


10 febbraio 2010, mercoledì: laguna di San Ignacio
Toccata! Stamattina, alla nostra seconda uscita, quando ormai eravamo rassegnati a tornarcene a riva con un buon bottino di dorsi, soffi, teste emergenti, ma senza l’agognato incontro ravvicinato col mastodonte del mare, ecco che da poppa abbiamo visto avvicinarsi alla barca un grande esemplare di balena che ci si è affiancata con una manovra precisa e ben calibrata. Tra lo stupore, l’incredulità, e anche un pizzico di timore davanti a una mole così gigantesca, le nostre mani si sono protese alla ricerca del contatto. Scivolando lentamente lungo il fianco delle lancia, la balena si è presa tutte le nostre carezze, poi con estrema flemma si è allontanata inabissandosi e lasciandoci attoniti e storditi da tanta bellezza.
Il resto delle giornata è proseguito senza altri avvenimenti degni di nota, anzi, il tempo si è messo al brutto e ha addirittura cominciato a piovere, continuando a intermittenza per tutto il pomeriggio e impedendoci l’escursione che avevamo programmato, a piedi tra le mangrovie e alla ricerca di tracce di coyote. Così abbiamo passato il pomeriggio a cazzeggiare al ristorante, giocando a carte, riguardando le fotografie finora scattate, rievocando il momento magico dell’incontro con la balena e, soprattutto, ridendo delle battute che Tonino oggi sparava a raffica, per il divertimento di tutti noi. In questo luogo singolare si è infatti prodotto una specie di miracolo: il nostro gruppo a questo punto può dirsi affiatato, per quella strana alchimia che avviene quando persone anche molto diverse tra loro condividono un’esperienza intensa e coinvolgente. Ad esempio un viaggio in lande sperdute come questa, dove vengono meno le sovrastrutture della vita quotidiana, dove la natura domina incontrastata e di fronte alla sua grandiosità l’uomo non può che riconoscere la propria limitatezza e soprattutto la propria inessenzialità; dove, allo stesso tempo, egli è anche posto davanti alla sua essenza più profonda.
Grandezza della natura comunque fragile, che anche la piccolezza dell’uomo può mettere a repentaglio. Infatti perfino in questo luogo apparentemente incontaminato è possibile scorgere tracce dell’intervento umano, con ripercussioni a volte fortemente negative sull’equilibrio di un ambiente così speciale. 


Ad esempio le stesse balene che oggi arrivano qui così numerose, dopo il loro lungo viaggio dallo stretto di Bering, fino a pochi anni fa rischiavano l’estinzione proprio a causa della caccia indiscriminata di cui erano vittime da parte dell’uomo. Significative anche le distese sterminate di gusci di conchiglia che abbiamo visto arrivando qui, residui delle raccolte effettuate in passato dai pescatori, in misura talmente esorbitante da arrivare a determinare, in baie vicine a questa, la scomparsa definitiva di alcune specie particolarmente prelibate. 


 11 febbraio 2010, giovedì: laguna di San Ignacio-Puerto San Carlos
 Dopo l’esaltazione di ieri mattina, seguita da un pomeriggio di nubi e pioggia, oggi è stata una giornata di trasferimento senza particolari emozioni, ma con tempo splendido e cielo terso. Abbiamo percorso un lungo tratto di sterrato che costeggia l’oceano Pacifico, facendo una breve sosta presso un salitral, una vasta distesa di sale formata dall’acqua del mare che affiora dal terreno in una specie di laguna e poi evapora. Lì ci siamo divertiti facendo fotografie buffe che sfruttano l’assoluta mancanza di punti di riferimento per giocare sulle dimensioni dei diversi oggetti. Così Giampiero sembra sollevare con una mano Antonella, così Antonella sembra muoversi a balzi, come un astronauta, su un pianeta bianchissimo. Io naturalmente ho dato prova di grande agilità e leggerezza, compiendo salti aggraziati di circa 1 cm di elevazione!
Poi via di nuovo sullo sterrato, attraversando un territorio desertico dove perfino i cactus stentavano a crescere. In compenso vi erano numerose varietà di piante grasse, piccoli miracoli della natura, che sopravvivono anche nelle condizioni più difficili sfruttando ogni minima particella di umidità.
Per il pranzo ci siamo fermati alla Scorpion Bay, così chiamata dagli americani che in questi ultimi tempi hanno iniziato a colonizzare la zona facendone un paradiso per surfisti. È un luogo magnifico che si affaccia su una baia amplissima dall’acqua cristallina, orlata da una lunga spiaggia di sabbia bianca. Dopo la sosta abbiamo ripreso la marcia in direzione dell’oasi La Purissima, sovrastata da una singolare altura a forma conico-piramidale. Vi siamo giunti dopo una lunga deviazione dato che avevamo sbagliato strada, avendo superato un bivio peraltro non segnalato.
Col buio siamo infine giunti a Puerto San Carlos, l’ultima tappa di questo viaggio prima del rientro a La Paz, da cui ripartiremo dopodomani alla volta dell’Italia. All’arrivo in albergo abbiamo potuto riassaporare gli agi della civiltà, festeggiando l’evento con doccia e shampo. Cena ridanciana e poi a letto “tardi”, cioè verso le 23.00, dopo due sere in cui al campo della laguna di San Ignacio, una volta spente alle 21.00 le luci del ristorante, non ci restava altro da fare che andare a coricarci. 


In giornate come quella di oggi, in cui si è costretti a lunghe ore di auto, è fondamentale che vi sia un buon clima tra i membri dell’equipaggio. A ciò ha provveduto egregiamente Tonino tenendo alto il morale del gruppo, di cui è divenuto in questi pochi giorni l’anima e l’animatore.
Altra osservazione sul vivere insieme: in questo strano equipaggio Tonino e io funzioniamo come una coppia, riservandoci le piccole attenzioni che normalmente si scambiano dei veri partner, per esempio l’aspettarsi a vicenda o il ricordarsi reciprocamente le cose, insomma costituendo l’uno per l’altro un punto di riferimento. Be’, devo dire che si tratta di un’esperienza piacevole e in qualche modo rilassante, soprattutto nuova per una come me che ha sempre orgogliosamente “fatto da sola”, pur di non sentirsi soffocata da legami troppo vincolanti.
“E così, cara Monica, alla tua tarda età scopri i piaceri della convivenza? Ma dai, sai benissimo che se appena se ne presentasse l’occasione scapperesti a gambe levate!”
Uff, a volte le coscienze sanno essere terribilmente noiose… 


12 febbraio 2010, venerdì: Puerto San Carlos- La Paz
Ultimo giorno in Baja California! L’abbiamo passato per buona parte in compagnia delle balene che hanno scelto come meta della loro migrazione annuale la baia di Santa Magdalena, su cui si affaccia Puerto San Carlos. Qui i cetacei hanno un comportamento un po’ diverso da quello che abbiamo osservato alla laguna di San Ignacio, dove spesso emergevano con la testa per dare un’occhiata intorno. Questi invece mostravano molto di più la coda, che esce dall’acqua quando essi si immergono per scendere sul fondo. Per qualche motivo in questa baia tendevano molto più frequentemente a inabissarsi. Abbiamo ipotizzato che ciò dipendesse dal fatto che le acque della baia sono più profonde di quelle della laguna. Un’altra differenza sta nel fatto che, a quanto pare, le balene di San Ignacio sono più socievoli; e infatti oggi non abbiamo avuto nessun incontro ravvicinato. Soltanto una volta una balena si è trovata quasi a toccare la barca, ma appena se n’è accorta ha dato una gran codata ed è scomparsa velocemente alla nostra vista. Lo spostamento d’acqua ha fatto ondeggiare l’imbarcazione, creando un vortice spumeggiante e provocandoci anche un po’ di paura…
In ogni caso anche oggi si sono ripetute la magia e l’emozione dell’avvistamento: le balene erano numerosissime, in alcuni momenti nuotavano affiancate e ci sembrava di assistere a uno spettacolo di nuoto sincronizzato, mentre i loro spruzzi, ben visibili grazie alla mancanza dell’azione dispersiva del vento, risuonavano nell’aria come una speciale colonna sonora.
Dopo la perlustrazione della baia ci siamo recati in un villaggio sull’isola della Magdalena, dove abbiamo pranzato con un’aragosta a testa, con soddisfazione di tutti e con grande giubilo in particolare di Tonino. Al povero Bruno invece è toccato un tristissimo tè, non certo per sua volontà, bensì… per motivi “interni” facilmente immaginabili! Quindi abbiamo navigato fino alle bianche dune che segnano il punto più stretto dell’isola, lì dove poche decine di metri separano le acque della baia da quelle dell’oceano Pacifico. Percorrendo questo tratto di sabbia si incontra una incredibile varietà di forme di vita vegetale, che riescono a sopravvivere anche in un ambiente in apparenza tanto inospitale.


Dopo quest’ultima escursione ci è toccato rientrare alla base e riprendere per l’ultima volta il nostro fuoristrada per tornare a La Paz, da dove domattina prestissimo ripartiremo per l’Italia. A cena abbiamo salutato i nostri compagni di viaggio, con la promessa di rivederci e, perché no, di condividere qualche altra avventura di viaggio. Niente male per un equipaggio che all’inizio si era annunciato così improbabile! 


13-14 febbraio 2010, sabato e domenica: Milano-La Paz
Lungo lungo lungo viaggio di ritorno, incominciato alle 4.30 di mattina per essere in aeroporto alle 5.30 a iniziare le pratiche per l’imbarco. Poi due ore di volo fino a città del Messico, dove avevamo la prospettiva di una attesa di cinque ore per il volo successivo. Meno male che avevamo tanto tempo, visto quanto ci abbiamo messo per capire da quale terminal partire, scorrazzando su e giù dall’uno all’altro col treno sopraelevato interaeroportuale! Questo perché ci avevano cambiato senza preavviso la compagnia aerea, da Air France a Aeromexico. Invece a Parigi, dove siamo giunti dopo un volo più breve del previsto (neanche dieci ore), abbiamo dovuto fare una corsa affannosa per non perdere l’aereo che ci doveva portare a Milano. Noi ce l’abbiamo fatta, i bagagli no, sono rimasti a Parigi e arriveranno in Italia nei prossimi giorni. Poco male, l’importante è che un simile disguido non sia capitato all’andata!
Nell’ultimo volo, pieno di italiani, ho avuto un piccolo assaggio del clima regnante nel paese in cui stavo per rientrare: ho trovato il mio posto, vicino al sospirato finestrino, già bell’e occupato da una tizia il cui marito, con l’arroganza di chi si ritiene al di sopra delle regole, mi ha praticamente ordinato di fare “gentilmente” cambio con lei. Peccato che a me è rimasto il solito scomodissimo posto centrale! Siccome sono una signora (o una fessa?), non ho fatto polemiche, ma dentro di me mi sono detta: “Bentornata, Monica, nell’Italia berlusconiana!”.
Poi però ho pensato che quei due non sapevano nulla delle balene e del loro nuotare calmo e lento nelle acque della laguna di San Ignacio; e che per questo erano da commiserare. Quindi ho chiuso gli occhi, rivedendo spruzzi a forma di cuore che si innalzavano nell’azzurro senza fine del cielo della Baja California…

FINE




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